SAN GIORGIO E IL DRAGO, GHITTI

VIAGGIO NEL MUSEO DIOCESANO DI BRESCIA

La tela era originariamente collocata, insieme al suo pendent, raffigurante il Martirio di San Giorgio, lungo le pareti laterali del coro della chiesa dedicata all’omonimo santo, la cui facciata settecentesca si trova di fronte all’ingresso del Museo Diocesano. Le due opere sono richiamate da Francesco Maccarinelli sia nella prima (1749) che nella seconda versione (1752) della sua guida, più tardi saranno ricordate anche da Giovan Battista Carboni (1760), il quale per primo menziona i soggetti, che costituiscono insieme un unico racconto illustrante i momenti salienti della vita del Santo. L’episodio rappresentato è uno dei più diffusi dell’iconografia del Santo: San Giorgio si trova in primo piano sulla sinistra ed è colto nel momento in cui ha appena trafitto il drago, che giace riverso a terra. In lontananza una principessa dalle forme giunoniche si volge con un movimento di torsione ad osservare la scena, mentre fugge verso un’altura dove si intravedono le mura di una città fortificata. La scena è delimitata a sinistra da un albero dal tronco sinuoso e dalla folta chioma, che, unitamente alla collina raffigurata sulla destra, contribuisce a far convergere l’attenzione verso l’episodio carico di forza drammatica. Si noti il singolare aspetto del drago, le cui sembianze ricordano quelle che nell’iconografia medievale sono attribuite ai diavoli: ali di pipistrello, pelle squamata, lunghi artigli e fauci aguzze. Secondo Fusari (2000) l’impostazione della scena sarebbe desunta dalla tela di Francesco Giugno per la chiesa di San Giorgio a Bovegno, dalla quale viene chiaramente ripresa la posizione del Santo sul cavallo impennato, con il mantello svolazzante. Anche il paesaggio sullo sfondo richiama l’opera di Giugno, nonostante Ghitti opti per una scelta cromatica più sobria, smorzando la vivacità dei colori e costruendo le figure con un disegno che delimita i contorni. Particolarmente pregevole risulta lo studio del panneggio della veste della principessa, il cui abito è rimborsato all’altezza del bacino, così da evidenziare la volumetria della donna; degno di nota è inoltre il dettaglio dei calzari allacciati “alla schiava”, abbigliamento classicheggiante che risulta in contrasto con l’armatura rinascimentale del Santo.