CHIESA DI SAN BERNARDINO

SALO’

Nel corso del XV secolo Salò e l’intera riviera gardesana vissero un periodo molto prospero, con un considerevole aumento della popolazione e una vita religiosa sempre più attiva.

La devozione locale in quel periodo aveva una matrice prevalentemente francescana, dovuta al fatto che già nel 1221 san Francesco d’Assisi infatti aveva visitato questi paesi, seguito poi da sant’Antonio da Padova e intorno al 1437 da san Bernardino da Siena, venuto spesso a Salò e nei comuni limitrofi come predicatore, trasmettendo ai fedeli un’intensa forza carismatica.

Inaugurata nel 1476, la chiesa dedicata a San Bernardino da Siena era inserita in un complesso religioso molto ampio, che comprendeva anche l’annesso convento dei Frati Minori dell’Osservanza (detti Zoccolanti).

Un vero centro di spiritualità, punto di riferimento per i salodiani.

Quella attuale non rispecchia la chiesa originale, dalle fonti ricordata come la più grande chiesa salodiana dopo il Duomo, ma con una struttura più modesta, consona allo stile povero francescano.

All’epoca infatti la chiesa contava, oltre al maggiore, altri dieci altari laterali, in cappelle a pianta quadrata, con volte a croce senza cordonature.

Nel 1798, in seguito alla soppressione napoleonica dei conventi e degli ordini religiosi, l’intera comunità francescana fu trasferita nel monastero di San Faustino a Brescia e l’edificio si trasformò nella sede della Pretura e tuttora ospita gli uffici delle Imposte, del Registro e della Finanza, mentre la chiesa rimase aperta al culto.

Alla fine dell’800 l’edificio era in precario stato di conservazione e il terremoto del 1901 ne compromise la staticità, soprattutto della parte centrale. Chiusa al pubblico perché considerata non sicura, nel 1910 crollarono il tetto e la volta e la chiesa.

I lavori di ricostruzione, durati sino al 1914, secondo il progetto dell’architetto Beniamino Serri di Carrara, ne modificarono la struttura, accorciando le dimensioni di circa un terzo.

L’antico presbiterio e la sagrestia vennero inglobate in abitazioni private, mentre oggi rimane visibile solo la parte superiore del campanile in stile rinascimentale; degli altari laterali rimane ancora traccia nello spazio che ospita la scala per la cantoria.

I successivi interventi si conclusero nel 1954, grazie soprattutto al grande volere e contributo della popolazione, ricordati dall’epigrafe sul portale della chiesa:

QUOD PATRES A.D. MCDDXXVI FUNDAVERANT POST RUINAM A. MCMX RESTITUTUM – SALODIENSES DECORI RESTAURAVERUNT AERE COMUNI – ANNO MARIANO MCMLIV

Questo tempio che i padri avevano fondato nel 1476, dopo il crollo del 1910 ricostruito – i salodiani restaurarono con il dovuto concorso di tutti – anno mariano 1954.

Una chiara visione d’insieme dell’antico complesso religioso è conservata nel chiostro di San Giuseppe a Brescia: l’undicesimo affresco sul lato est riproduce infatti la chiesa e l’interno complesso conventuale.

LA CHIESA ATTUALE

LA NAVATA

La navata, con coperture a volta a botte, presenta a sinistra la Cappella dell’Immacolata Concezione e a destra la Cappella di san Giuseppe.

Lungo le pareti, scandite da lesene con le stazioni della Via Crucis dell’artista locale Romualdo Turrini (1752-1829), trovano spazio dipinti provenienti dagli altari perduti, dall’antico convento e da altre chiese salodiane soppresse.

A destra, vicino all’ingresso, si trova un trittico in cornice lignea, con tre tavole, probabilmente realizzate da un artista di scuola lombarda, attivo tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. A sinistra “San Gerolamo penitente” e a destra “Sant’Antonio da Padova”, fanno da contorno al “Presepe” della tavola centrale.

Sul lato opposto, un trittico proveniente dall’Oratorio della chiesa di Sant’Anna alle Rive, evidente frutto di adattamenti e sostituzioni, ora raffigurante “San Giuseppe” a sinistra e “San Francesco d’Assisi”, con al centro “Madonna in trono con Bambino e Santi”.

Nella parte centrale della navata, ai lati delle due cappelle, quattro imponenti tele di Giovanni Andrea Bertanza (Padenghe, 1570-1650), la cui pittura prendeva spunto principalmente da Palma il Giovane, ma anche dai maestri manieristi veneziani.

Nell’antica chiesa queste quattro tele si trovavano ai lati dell’organo e del controrgano, probabilmente come decorazione delle ante.

Le tele compongono un ciclo, databile intorno al 1616-1619, che narra episodi della vita di San Bernardino.

La prima a sinistra, San Bernardino soccorre gli appestati, dove il santo è rappresentato come giovane cavaliere.

Di fronte San Bernardino cammina sulle acque a Mantova, con il riferimento al miracoloso attraversamento del Mincio nel 1420 per predicare in Santa Maria delle Grazie.

Proseguendo, sul lato sinistro della navata, San Bernardino rinuncia alla carica di vescovo, in cui regna un’atmosfera più ufficiale e solenne. Inginocchiato alla presenza dell’allora Papa Martino V, il frate rinuncia ai vescovati di Siena, Ferrara e Urbino, simboleggiati dalle tre mitre.

Sul lato opposto San Bernardino resuscita il giovane Cosimo ucciso dal toro, in ricordo del miracolo avvenuto alla porta Trinità della città di Prato.

PRESBITERIO

Al limite della zona presbiteriale due tele maestose, commissionate nel 1583 per l’antica cappella dell’Immacolata Concezione, entrambe firmate dal veronese Paolo Farinati (1524 – 1606).

A destra l’Annunciazione, tema assai caro all’artista, e a sinistra L’adorazione dei magi.

Nel presbiterio domina la pala d’altare di Zenone Veronese (Verona 1484 – Salò 1554), Madonna col Bambino in Gloria e i santo Caterina d’Alessandria e Lucia, Girolamo, Bernardino da Siena, Antonio da Padova e Giovanni Battista, composta da due tele accostate verticalmente e unite da una sottile cucitura.

Nella pala è evidente la simmetria che divide la scena secondo il modello raffaellesco. Nella lunetta superiore è raffigurato San Francesco riceve le stimmate.

Nei riquadri della cornice, nella fascia inferiore, sono raffigurati quattro episodi emblematici della vita dei santi della tela centrale, mentre al centro si trova l’immagine di Cristo nel sepolcro. Completano l’opera due formelle con a sinistra Santa Elisabetta e a destra Santa Marta.

Nella chiesa originale erano presenti anche due tavole del Romanino e l’Immacolata Concezione di Andrea Celesti, ora nel Duomo di Salò.